Disclaimer: è bello chiacchierare di questi temi, finché non rientriamo nel discorso “salute”. Abbiamo cercato di riportare dati e argomentazioni e cercato di dire tutto sulla body positivity, ma la statistica non sostituisce l’esperienza singola. Perciò, per altre tipologie di dubbi più specifici sarebbe il caso di discutere con un medico.
Body positivity è l’idea secondo la quale le persone dovrebbero essere felici e accettare il proprio corpo nonostante il peso e/o la forma.
Accettare il proprio corpo non significa non volerlo cambiare, è questa la sottile distinzione che manda in tilt i critici del movimento.
Dire che “si, ma il grasso non è salutare”, come se il movimento Body Positive voglia sminuire l’importanza della salute, è una visione estremamente semplicistica della realtà di altre persone.
Dimagrire non è una cosa che tutti possono fare. Il corpo non è un vestito, non me lo cambio a seconda del mio gusto personale, è tutto più complesso di così.
Il corpo si sceglie?
Pensare che il corpo sia una scelta è una visione errata, data da un privilegio: quello di avere, di base, un corpo adatto agli standard o comunque predisposto al dimagrimento.
Ci sono molte esperienze di persone che non riescono a dimagrire nonostante gli sforzi, persone che magari ci riescono, ma riprendono tutti i chili persi pochi giorni dopo la fine della dieta. E quindi, cosa facciamo?
Recentemente ho ascoltato le parole della nutrizionista Veronica Bignetti sulla diet culture, che spiegava come lo stigma del corpo grasso e la “dieta come rimedio per il grasso” non solo non siano utili per la lotta ai disturbi alimentari, ma sortiscono proprio l’effetto opposto.
Da qui, ho iniziato a farmi una vera e propria cultura sugli studi in merito alla diet culture, scoprendo cose abbastanza stravolgenti. Innanzitutto, ne ha parlato l’OMS, lo sapevate?
Da qui, ho avuto modo di leggere The HAES Manifesto di Lindo Bacon, che dice così:
Stiamo perdendo la battaglia contro l’obesità. Combattere il grasso non lo ha fatto sparire. Però, un grande effetto collaterale ne è risultato: preoccupazione per il cibo e per il corpo, odio per sé stessi, disordini alimentari, discriminazione per il peso, salute scarsa.
Pochi di noi sono in sintonia con il proprio corpo, che sia perché siamo grassi o abbiamo paura di diventare grassi. E’ tempo di sciogliere le truppe. C’è una compassionevole alternativa alla guerra, è l’HAES (Health at Every Size), che ha dimostrato di essere molto più efficace nel miglioramento della salute, senza effetti collaterali. La ricerca scientifica mostra come i luoghi comuni della guerra al grasso non riescano a stare in piedi davanti all’evidenza.
Lindo Bacon – The HAES Manifesto
Promuove l’obesità? E la salute?
La Body Positive non promuove l’obesità, nel senso che non incita le persone a diventare obese. Anzi, è l’ideologia alla base del body shaming ad essere promotrice di modelli sbagliati e disturbi alimentari.
La società ci porta a non amare il nostro corpo finché esso non è perfetto. Ma, siccome la perfezione non esiste e il nostro corpo non sarà mai perfetto, allora non ameremo mai il nostro corpo.
La body positivity non promuove il non voler dimagrire a prescindere, o l’accettazione del proprio corpo purché sia. Promuove, bensì, un rapporto sereno, “positivo”, con il proprio corpo, che non spinga ad adottare comportamenti tossici e autodistruttivi come le diete restrittive. (statisticamente, queste diete non funzionano e al loro termine si riprende il peso perduto)
E i magri?
Ogni tanto arriva anche questa domanda che, a differenza della precedente, è quantomeno utile alla discussione.
Il thin shaming è un problema, dalla matrice diversa rispetto al fat shaming. Tutto questo rientra nella body positivity.
Non mi soffermerò sui classici “Le ossa diamole ai cani!”, “Le vere donne hanno le curve”, “omo de panza omo de sostanza”, persino un bambino capirebbe perché certe frasi siano stupide, sbagliate e dannose per chi le ascolta.
Siccome è una cattiva abitudine di molti quella di fare il medico senza esserlo (e diciamo finalmente che neanche un medico è capace di fare una diagnosi semplicemente guardando una persona), quindi di utilizzare terminologie mediche al posto di aggettivi comuni. Una persona grassa viene definita “obesa” a vista, esattamente come una persona magra viene definita “anoressica” a vista.
Questa è una microaggressione bella e buona, perché medicalizza una condizione fisica, senza i presupposti per farlo. Esempio: dare per scontato che il tuo amico molto magro soffra di anoressia, quando non ci sono i sintomi psicologici e comportamentali per dirlo. Stessa cosa, quando si da per scontato che l‘essere grassi sia provocato da uno stile di vita sbagliato, alimentazione incontrollata e sedentarietà. Quando, molto spesso, esistono tantissime altre cause di tipo ormonale e/o medico che portano all’essere grassi.
Va ovviamente detto che, però, il non essere in salute, così come soffrire di un disturbo alimentare, non giustifica lo stigma del grasso.
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