Cancel Culture: cos’è e cosa non va in essa

Cancel Culture: cos’è e cosa non va in essa

Cos’è la Cancel Culture?

Si definisce Cancel Culture (in italiano, ma suona male, “cultura della cancellazione”) la causa per cui, spesso, un personaggio o azienda, si ritrova vittima di un boicottaggio di massa per un’azione sbagliata commessa da tale personaggio o da altri associati ad esso.

Quest’anno, la Cancel Culture si è sprecata: Doja Cat, JK Rowling, Via Col Vento, Split, Captain America Indro Montanelli… la lista è ancora lunga. Della Rowling, poi, ne ho già parlato qui, dicendo anche la mia su questa “cultura della cancellazione”.

Ma ALT!! Teorici della dittatura del politically correct che agiscono in nome della libertà universale di opinione (intesa come libertà di discriminare e dire le peggio porcate), non fomentatevi troppo. Perché io, la cultura della cancellazione, la capisco e la comprendo.

La condivido? No. Credo che le cose non vadano cancellate, bensì devono essere discusse, messe in pubblica piazza e ne vanno evidenziate le problematiche. Non possiamo però non considerare la cancel culture una manifestazione della libertà di espressione da parte di una massa. Perché se io decido di non comprare più alcun libro della Rowling, sono libero di farlo. My money, my choice. Se appresso a me, altre masse di persone decidono di farlo, stanno facendo una scelta sacrosanta.

Solo dopo questa doverosa premessa, mi prendo la briga di portare avanti il mio modello del voto con il portafoglio. Mio e di altre persone, ancora poche e non italiane.

Come dice la mia guida spirituale Carlotta Vagnoli, nelle sue storie in evidenza “Narrazioni”, dal momento che Tizio Caio ha fatto la cazzata, quella cazzata poi va detta. Non significa necessariamente tirargli giù la statua (non significa nemmeno non farlo a prescindere) significa rimettere su la statua, ma con un disclaimer.

La gente deve sapere che Tizio Caio ha sicuramente dato un contributo importante nel suo settore, ha fatto cose belle, bellissime e via dicendo. Ma ha fatto anche altro. E questo “altro” va detto. Specialmente se questo “altro” consiste in abusi su minori o discriminazioni pesanti.

Il fatto che la Rowling sia una femminista TERF di seconda ondata, mi impedirà di comprare i suoi libri? Li comprerò eccome, ma saprò che se in un suo libro troverò qualcosa di equivoco non mi verrà più da pensare “le è scappato, è stata ingenua, non voleva dirlo davvero”, ma “è TERF, che ci vuoi fare”.

Il fatto che Montanelli abbia commesso un crimine di guerra, che vede vittima una ragazzina dodicenne in palese posizione di non-privilegio, non significa che io dimenticherò tutte le altre cose che ha fatto. Le ricorderò, ma le ricorderò con un disclaimer. Indro Montanelli è stato un punto cardine del giornalismo italiano e dobbiamo tanto a lui, però ha fatto anche quest’altra cosa qui. E “quest’altra cosa qui”, se vogliamo proprio lottare per la verità e per l’informazione, va detta.

Perciò, proponiamo una vera alternativa alla Cancel Culture, che non sia quella di cancellare solo quello che proprio non riusciamo a reggere, che non ci fa piacere ascoltare; perché nel 2020 non esiste. C’è da aprire un armadio pieno di merda, siete liberissimi di non aprirlo. Ma basta, e sottolineo basta, fare finta che non ci sia l’armadio. Posso non aprirlo, posso spruzzare il deodorante, ma è lì e non posso toglierlo. Quindi, non lamentatevi se qualcuno, a differenza vostra, lo apre. Perché mi sentirete dire di tutto, ma mai “Non aprite quell’armadio!”.

Montanelli sarà comunque considerato per il suo valore artistico. La Rowling continuerà a vendere milioni di copie. Logan Paul continua ad avere 20 milioni di iscritti e guadagnare nonostante davanti a quei 20 milioni si sia filmato in prossimità di un cadavere. Perché la bufera finisce, i trending topic di Twitter scendono, la gente si scorda tutto, persino di BarbieXanax che decide di urlare “non siete abbastanza” a persone a caso. Silvia Provvedi che partorisce il figlio di un criminale, e com’è finita? Boh! Non è più trend. Perciò, di cosa stiamo parlando?

Quindi sì, sicuramente impazzare la cancellazione in modo isterico e schizofrenico, senza alcun criterio, è controproducente. Ma se credete davvero che le persone, nell’era in cui viviamo, possano fare tutto ciò che vogliono senza poi portarsi dietro l’accountability, cioè il conto delle loro azioni, la “macchia” che le loro dichiarazioni generano sul loro personaggio, siete fuori strada. E non parlo di “fare il tribunale del web”, parlo del fatto che una determinata categoria di persone, non ha tutti i torti a scegliere di non comprare da chi la considera inferiore, abominio.

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Una risposta a “Cancel Culture: cos’è e cosa non va in essa”

  1. […] come abbiamo già detto, i trending topic di Twitter alla fine scendono e la gente inizia a parlare di altro. Sembrerebbero finiti i minuti di popolarità di questa storia, ma la storia di Breonna non è […]

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