Perché esiste il Denim Day e perché lo ricordiamo

Perché esiste il Denim Day e perché lo ricordiamo

Cos’è il Denim Day?

Denim Day viene tradotto letteralmente come “giorno del jeans” e porta il nome di un movimento di ribellione contro la violenza sessuale, di genere e la vittimizzazione secondaria. Questo giorno di protesta e sensibilizzazione nasce in California in risposta ad un’ingiusta sentenza emanata in Italia nel 1998. In quell’anno la Corte di Cassazione Italiana annullò la condanna per stupro  ai danni di un 45enne  istruttore di guida. Il motivo? I jeans attillati indossati in quell’occasione dalla ragazza 18enne , presunta vittima di violenza sessuale, avrebbero impedito lo stupro.

Denim Day: le proteste di ieri e di oggi

Il caso scatenò scalpore mediatico tanto da attirare l’attenzione delle parlamentari italiane che decisero di manifestare contro l’ingiusta sentenza. I simboli  della protesta furono per l’appunto jeans attillati e cartelli con scritte “Jeans alibi di stupro” esibiti i giorni seguenti in Parlamento. Ma le proteste non finirono  qui  e oltrepassarono l‘oceano in quanto furono sostenute anche dall’associazione californiana no profit “POV“ (Peace Over Violence) che inaugurò per l’appunto il denim day. In Italia si diffuse maggiormente il ricordo di ciò a partire dal 2015. Inizialmente veniva festeggiata il 29 maggio successivamente si stabilì la celebrazione l’ultimo mercoledì del mese di Aprile. Attualmente il denim day viene celebrato in 180 Paesi del mondo. I flashmobs sono organizzati sia via social, attraverso degli scatti con indosso i jeans , ma anche nelle maggiori città Italiane come Perugia, Torino ecc… attraverso l’esposizione nelle piazze dei jeans che verranno successivamente devolute ad associazioni benefiche e a donne vittime di stupro.

La ribellione contro la vittimizazzione secondaria

Per vittimizzazione secondaria si intendono tutte le ingiustizie, false accuse e le sofferenze a cui una persona vittima di violenza è sottoposta all’interno del sistema giudiziario e in quello dei media. Costituisce la logica per cui la vittima si trasforma in carnefice, da oggetto della violenza si trasforma in soggetto. In ambito giudiziario si è dunque spesso vittima due volte a causa di pregiudizi , stereotipi di genere , e la falsa credenze per cui la donna vittima di violenza in realtà si è vestita in un certo modo per provocare il suo violentatore , è stata superficiale nel non tutelarsi abbastanza oppure ha denunciato per ottenere attenzioni o ancora denaro. Questa logica di giudizio è applicata solo in questi reati che chiamano in causa la donna e il suo ruolo nella società come in caso di violenza sessuale, revenge porn, femminicidio ma non in caso di semplice omicidio o furto. Dal 1998 sono passati 24 anni, ma la strada da percorrere per sradicare gli stereotipi di genere ed ottenere una concreta tutela statale e giudiziaria è ancora lunga e tortuosa.

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