Il 25 novembre non basta: combattiamo la retorica del patriarcato

Il 25 novembre non basta: combattiamo la retorica del patriarcato

È dal 1999 che ogni 25 novembre si celebra la giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Questa giornata, istituita dall’ONU con la risoluzione 54 /134 del 17 dicembre, è nata dall’esigenza di arrestare un processo tossico da sempre molto diffuso che in cancrena la nostra società ma che per fortuna ogni anno assume sempre più risonanza e attenzione mediatica. Questa giornata nasce dal ricordo di una storia fatta di violenza e femminicidi. Una storia che si ripete in quanto e tuttora presente e incarnata ogni giorno da migliaia di donne nel mondo che subiscono violenza di genere.

IL 25 NOVEMBRE: LA STORIA DI VIOLENZA DELLE SORELLE MIRABAL

Il 25 novembre del 1960 Patrizia, Minerva e Maria Teresa Mirabal attiviste politiche della Repubblica Dominicana a causa della loro militanza furono stuprate, torturate e massacrate per ordine del dittatore Trujillo. Infine vennero lasciate cadere da un precipizio all’interno della loro macchina simulando così un incidente. Ciò che avvenne può dunque essere oggi definito a tutti gli effetti un femminicidio di Stato.
Fu proprio questo tragico evento che spinse per la prima volta nel 1981 le donne e gli uomini di Bogotà a celebrare questa giornata in memoria delle sorelle Mirabal al fine di interrompere questo processo di legittimizzazione della violenza di genere.

Celebrare il 25 novembre nel 2021: manifestazioni, scarpette e panchine rosso sangue

Pur essendo ufficialmente unica la giornata dedicata all’eliminazione della violenza di genere le iniziative partono da una settimana prima del 25 novembre inaugurando la cosiddetta settimana rossa.
Interventi, manifestazioni panchine rosse e scarpette rosse riempiono le piazze italiane e di tutto il mondo.
Le scarpette rosse divennero il simbolo della lotta alla violenza Di genere a partire dal 2009 quando l’artista messicana Elina Chateau creò l’installazione “Zapatos Rojos” davanti al consolato messicano in Texas. Da quel momento le scarpe rosse divennero il simbolo di tutte le vittime di femminicidio che non possono più indossarle.

A partire da un’iniziativa del comune di Milano (nata nel 2017) le panchine delle maggiori piazze italiane vengono dipinte di rosso come il sangue frutto della violenza perpetuata dagli uomini sulle donne.
Una delle più grandi manifestazioni che si terrà quest’anno in Italia contro la violenza maschile sulle donne e di genere si svolgerà a Roma il 27 novembre (ore 14 :00, Piazza della Repubblica) organizzata dal collettivo femminista e transfemminista “Non una di meno”.

Violenza di genere e femminicidi: i dati statistici del 2021 in Italia


Dall’inizio del 2021 ad oggi, in Italia, le vittime di omicidio (per la giurisdizione italiana non esiste il concetto di femminicidio) sono 109. Questo dato costituisce circa il 40% del totale degli omicidi commessi in Italia e la percentuale dei femminicidi rispetto al 2020 è salita di circa l’8% (fonte: Repubblica).
Tra le regioni colpite troviamo la Lombardia (con 18 vittime donne), il Lazio (14) e il Veneto (19). Sono state invece risparmiate le donne in Molise, Friuli Venezia Giulia, Marche, Umbria e Basilicata (fonte: osservatorio diritti).
Ogni 72 ore, nel nostro Paese una donna viene uccisa e una donna su tre ha subito abusi da parte del partner o ex partner (fonte : Repubblica). Questo tipo di violenza è in aumento negli ultimi anni anche a causa del lockdown forzato non essendo la propria casa un luogo sicuro per tutte.

La piramide della violenza

Quando si parla di violenza di genere si pensa immediatamente al femminicidio. Purtroppo quest’ultimo, assieme allo stupro, è solo la punta della piramide di violenze di cui non vediamo la base.
Il culmine della violenza si raggiunge col femminicidio ma prima di arrivare ad esso sono numerose e varie le violenze perpetuate che spesso non vengono riconosciute nemmeno a livello giuridico In Italia.
Pensiamo al catcalling (molestie di strada) che spesso degenerano nello stalking e violenza sessuale che limitano la libertà di movimento di ogni donna. Pensiamo a tutte le violenze sessuali frutto della mancanza di consenso perpetuati attraverso la manipolazione psicologica, la pressione, i ricatti, la rimozione del preservativo e l’abuso verso chi non è cosciente (ubriaco o dormiente).
La violenza di genere viene perpetuata anche attraverso le discriminazioni, le molestie sul lavoro, con la condivisione non consensuale di materiale pornografico (talvolta scopo ricattatorio e in questo caso si parla di revenge porn). Anche il victim blaming o vittimizzazione secondaria è un tipo di violenza che consiste nell’accusare la vittima (A causa dell’abbigliamento succinto e i comportamenti troppo disinibiti) della violenza anziché il reale colpevole.
Il problema dunque è insito nello stereotipo che la donna deve incarnare: deve essere subordinata, silenziosa e obbediente. In questo sistema patriarcale e fondato su stereotipi il femminicidio non e una falla ma il figlio sano del patriarcato.

Riappropriazione del ruolo di vittima e carnefice


Nella dinamica patriarcale in cui siamo immersi si invertono i ruoli di soggetto e oggetto, vittima e carnefice. Regalandoci così l’impressione di non poter comprendere mai la reale natura delle violenze. Le violenze perpetuate dagli uomini contro le donne sono evidenti ma non riusciamo a vederle in quanto vengono profondamente normalizzate. I carnefici delle violenze di genere sono sicuramente alcuni uomini ma non dobbiamo escludere la responsabilità da parte istituzioni e dei mass media.
I Colpevoli sono le istituzioni ogni qual volta non viene presa con la giusta considerazione una denuncia per stalking, abuso e violenza sessuale; Ogni qualvolta in sede giudiziaria viene perpetuata in maniera sistematica il victim blaming indagando sull’abbigliamento e il comportamento della vittima giudicando così sulla base dei propri valori e accusando la vittima della sua stessa violenza subita. Colpevole è lo Stato italiano che rifiuta una legge contro la misoginia che dunque non viene riconosciuta come reato. Colpevoli sono le istituzioni quando negano un diritto riconosciuto soltanto formalmente a tutte le donne: il diritto all’aborto (legge 194). Difatti in Italia circa l’ 80% dei medici sono obiettori di coscienza e sono tante anche le violenze psicologiche e fisiche che le donne sono costrette a subire nelle strutture sanitarie a causa della loro scelta che dovrebbe essere libera. Colpevoli sono i ministri dell’istruzione che si sono succeduti negli anni non curanti del problema e di fornire una adeguata educazione nelle scuole atta ad eliminare la mascolinità tossica come avviene ad esempio in Inghilterra attraverso i corsi contro la toxic masculinity.


Le parole dei mass media sono intrinse di sangue


Colpevoli sono le maggiori testate giornalistiche e i mass media che ci bombardano con notizie condite dalla retorica della pornografia del dolore, la vittimizzazione secondaria e la giustificazione e legittimizzazione della violenza maschile. Quest’ultima viene sempre descritta come frutto di un raptus, esasperazioni da parte della partner o conseguenza dell’abbandono sempre da parte della partner. Ricordiamo anche le numerose foto che immortalano i segni della violenza sul corpo delle donne rendendole così deumanizzate e vittimizzate mentre l’uomo (il reale soggetto dell’aggressione,) viene sempre oscurato e mai inquadrato. I colpevoli sono quindi in realtà ben visibili ma anche noi abbiamo una buona dose di responsabilità ogni qualvolta rispondiamo (anche inconsapevolmente) a questa logica sessista, misogina e patriarcale in cui siamo immersi.

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